Lo sviluppo psicosociale di Erik Erikson

Erik Erikson (1902 – 1994), nella sua giovinezza si dedicò allo studio dell’arte, visitò molti paesi, in seguito fu insegnante per famiglie americane residenti a Vienna.
Fece ingresso nel circolo freudiano quasi casualmente, esperienza che consentì l’ammissione all’Istituto Psicoanalitico Viennese. Avviò la sua psicanalisi personale con Anna Freud ed ebbe come insegnante Sigmund Freud.
Nel 1933, per allontanarsi dal fascismo, si stabilì negli Stati Uniti, diventando il primo psicoanalista infantile di Boston. Successivamente, occuperà posti di rilievo presso famose istituzioni, tra cui la Behavioral Sciences di Palo Alto.
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Le teorie elaborate da Erikson possono essere definite teorie neofreudiane. Hanno in comune con la teoria dello sviluppo psicosessuale di Sigmund Freud:

  1. LA CONDIVISIONE DELLA TEORIA DELL’INCONSCIO,
  2. LA CONDIVISIONE DI BUONA PARTE DELLA TEORIA DELLO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’.

Erikson, a differenza di Freud:

  • RIDIMENSIONA L’IMPORTANZA CHE FREUD ATTRIBUISCE ALLA SFERA SESSUALE,
  • NON CONDIVIDE L’OMISSIONE DELLA SITUAZIONE SOCIOCULTURALE NEGLI STADI EVOLUTIVI.

Gli stadi dello sviluppo psicosessuale di Sigmund Freud sono rielaborati e definiti stadi dello sviluppo psico-sociale, arricchiti delle variabili socioculturali. Secondo Erik Erikson la cultura e la società penetrano nel processo di sviluppo della personalità. Considera lo sviluppo dal ventre materno alle viscere della terra (dalla nascita alla morte di un individuo), attraverso 8 stadi di sviluppo. Lo sviluppo trova la sua conclusione con il termine della vita, mentre per Freud lo sviluppo della personalità si conclude con l’adolescenza. Erikson estende lo studio includendo anche l’età giovanile, la maturità e la terza età.
Il compito più importante di ogni individuo nel suo percorso di vita è rappresentato dalla RICERCA DELLA PROPRIA IDENTITA’ PERSONALE. Occorre comprendere chi siamo, che cosa vogliamo, quali sono i nostri valori, le nostre credenze ed i nostri veri propositi nelle scelte di vita. L’identità è assunta dall’individuo superando i molteplici problemi dell’esistenza, definiti: CRISI EVOLUTIVE. Le crisi evolutive sono il risultato di una maturazione, in armonia con l’insieme delle attese che la società ha nei confronti dell’individuo; momento per momento, stadio dopo stadio. Ogni superamento consente il passaggio allo stadio successivo.
I problemi che la persona incontra e che non riesce a risolvere nel corso dello sviluppo si cumulano e si ripresentano nello stadio di sviluppo successivo. Il superamento più o meno completo delle varie fasi di sviluppo e la soluzione o non soluzione completa delle numerose crisi e dei problemi di identità, caratterizzano l’individuo nella sua interezza. Per ogni crisi evolutiva Erikson indica una felice riuscita e, in contrapposizione, prevede un possibile fallimento, con le sue conseguenze.
I meccanismi di difesa che operano in un contesto nevrotico (sia alla base, cioè nella formazione di un disturbo nevrotico, sia nel senso di un mantenimento della nevrosi) agiscono soprattutto nella direzione di un contenimento o gestione dell’ansia o di altre situazioni affettive intense. Il più comune di essi è la rimozione,>assieme alla quale operano meccanismi più “complessi” implicati spesso nella formazione del comportamento ritenuto sintomatico, come la formazione reattiva(comune nei disturbi ossessivo-compulsivi), lo spostamento e la condensazionetipici delle fobie), e l’intellettualizzazione.
Nell’organizzazione borderline, si osservano spesso delle difficoltà nella gestione degli affetti. I meccanismi di difesa tipici di questi disturbi operano soprattutto nella struttura dell’Io, tanto che il più comune di questi è la scissione. Altri meccanismi riconosciuti sono la proiezione (impiegata in maniera massiccia e incontrollabile nelle personalità paranoidi), l’idealizzazione (impiegata in quadri borderline). Solitamente, questa classe di meccanismi di difesa è considerata più arcaica rispetto a quella dei meccanismi tipici delle nevrosi, proprio perché più elementari e impiegate in maniera massiccia nella primissima infanzia.
In un quadro psicotico i meccanismi di difesa impiegati (ad esempio scissione e diniego) operano soprattutto nella direzione del rapporto fra l’Io e la realtà, ed il modo in cui questa viene affrontata e gestita a livello psichico. A questo livello sono frequenti molti meccanismi di difesa tipici anche dei disturbi di personalità, ma impiegati in maniera più “drastica” e spesso talmente disadattiva da compromettere l’esame di realtà (come nel caso di negazioni, allucinazioni, etc.).

Il ricorso preferenziale e automatico a una particolare difesa o serie di difese è il risultato di un’interazione complessa tra quattro fattori:

  1. Il temperamento costituzionale,
  2. La natura dei disagi subiti nella prima infanzia,
  3. Le difese presentate, e a volte deliberatamente insegnate dalle figure genioriali, o altre figure significative,
  4. Le conseguenze sperimentate dall’uso di particolari difese (effetti del rinforzo).

La teorizzazione dei meccanismi di difesa è mutuata dall’esperienza clinica di vari psicoanalisti, nell’osservazione delle più comuni reazioni dei pazienti a esperienze particolarmente penose o considerate insuperabili, ma anche nei confronti di situazioni relazionali comuni, che però creano difficoltà nell’integrare la sfera delle pulsioni e quella morale. Lo studio dei meccanismi di difesa è originato da Sigmund Freud ed è stato condotto da diversi psicoanalisti; in particolare sono di ampio rilievo i contributi della figlia di Freud, Anna Freud nel suo libro L’Io e i meccanismi di difesa, 1968.

Nella teoria psicoanalitica i meccanismi di difesa sono funzioni di un Io stabile, dal momento che servono a gestire le comuni richieste pulsionali (ambientali o interne, operate da istanze psichiche) in rapporto all’altrettanto comune coscienza morale o alle individuali capacità di fronteggiare reazioni affettive (sia considerate “positive” che “negative”). Si tratta perciò di funzioni fondamentali per l’adattamento, per operare quell’ideale compromesso fra pulsione e morale culturale di cui Freud si occupò a lungo nella determinazione delle cause della nevrosi. I meccanismi di difesa non dovrebbero essere intesi come “patologici”, neppure se il loro impiego è disadattivo, dal momento che possono essere utilizzati in maniera troppo rigida, inflessibile e indiscriminata (per esempio, mancando un’effettiva situazione minacciosa), ma la loro funzione è sempre la stessa, quella cioè formatasi nel corso dello sviluppo infantile per affrontare la realtà. Nei casi in cui i meccanismi di difesa vengano impiegati in senso disadattivo, sono riscontrabili le più comuni forme di disturbo mentale.

  1. Fiducia opposta a sfiducia dalla nascita al primo anno
  2. Autonomia opposta a vergogna o dubbio da uno a tre anni
  3. Iniziativa opposta a senso di colpa da tre a cinque anni
  4. Industriosità opposta a senso di inferiorità da cinque a dieci anni
  5. Identità opposta a dispersione o confusione di ruoli Preadolescenza e adolescenza
  6. Intimità opposta a isolamento età giovanile
  7. Generatività opposta a stagnazione Anni della maturità
  8. Integrità dell’IO opposta a disperazione la terza età

1° STADIO – Fiducia opposta a sfiducia (fase orale freudiana) 0 – 1 anno circa
Il bambino supera il problema della sfiducia attraverso una buona relazione con la figura della madre. La fiducia verso la madre rappresenta per il bambino alla fiducia universale, verso tutto il mondo della realtà che lo circonda. Se la relazione con la figura materna si presenta disturbata, il bambino svilupperà un intenso senso di sfiducia che gradualmente si espanderà a tutta la realtà che lo circonda.
2° STADIO – Autonomia opposta a vergogna o dubbio (fase anale freudiana) 2 – 3 anni circa
In questo stadio il bambino inizia a fare le sue prime conquiste nelle abilità motorie, cammina con sempre maggiore disinvoltura ed impara a correre. Inizia a sperimentare una autonomia. Se i genitori non ostacoleranno questo processo il bambino si avvierà ad una sempre maggiore indipendenza. Al contrario, se i genitori si dimostreranno eccessivamente ansiosi, limitando fortemente la psicomotricità del bambino con frequenti divieti: “non correre, non saltare, stai fermo, attento che se cadi ti fai male, finirai allOspedale, etc., egli accuserà le reiterate proibizioni inibendosi e perderà la sua naturale inclinazione all’autonomia, tipica di questa fase. Successivamente, considererà l’autonomia come un agente negativo, fonte di forti frustrazioni.
3° STADIO – Iniziativa opposta a senso di colpa – (fase edipica freudiana) 3/4 – 5/7 anni circa
Aumentano le opportunità di comportamento autonomo rispetto allo stadio precedente, le abilità sono meglio sviluppate ed utilizzate. Il bambino diventa esplorativo, curioso e osa esperienze precedentemente impensabili. Se i genitori accetteranno questa nuova situazione ci sarà una soluzione positiva alla crisi. Laddove, i genitori non accetteranno e puniranno le nuove curiosità (soprattutto quelle sessuali), i bambini svilupperanno un senso di colpa.
4° STADIO – Industriosità opposta a senso di inferiorità – (fase di latenza freudiana)
6/7 – 10/11 anni circa
In questo periodo i bambini, secondo Erikson, sono particolarmente attratti dal mondo della Scuola. Desiderano avere successo in questa nuova esperienza, avere successo negli apprendimenti, guadagnare la considerazione degli insegnanti e riuscire nella socializzazione, cioè ad essere accettati dai compagni. Se il bambino riuscirà a superare queste difficoltà svilupperà un senso di operosità.
LA SENSAZIONE DI ESSERE IN GRADO DI
Chi non riuscirà a superare queste difficoltà sperimenterà un drammatico senso di inferiorità ed un sentimento di non essere all’altezza di. Abitualmente, gli insegnanti delle scuole primarie possiedono sufficienti competenze e sensibilità per favorire una positiva determinazione del fanciullo in questo delicato passaggio. In presenza di situazioni veramente e chiaramente a rischio per il fanciullo, è da considerare un possibile cambio di istituto, valutato con le strutture sociali di riferimento (psicologo, psicoterapeuta, psicopedagogista).
5° STADIO – Identità opposta a dispersione e confusione di ruoli – (fase genitale freudiana)
preadolescenza e adolescenza.
Il compito fondamentale dell’adolescente in questa fase è conquistare la propria identità. E’ noto che l’adolescenza è considerata la fase della “crisi di identità”. I genitori non devono adottare comportamenti ambigui con i ragazzi, relazionando con loro a volte come se fossero bambini e a volte come se fossero adulti. I genitori dovrebbero osservare l’evoluzione rapida del fanciullo investito dalla tempesta ormonale, tipica di quel periodo e adeguare il modo di rapportarsi con lui armonizzandolo ai naturali cambiamenti dell’adolescente. Quando i genitori non adottano comportamenti ambigui, confusi e disorientanti nei confronti dell’adolescente e assecondano con opportunità, equilibrio e amore le micro-fasi di questo periodo, i ragazzi potranno ricevere un aiuto fondamentale e conquistare la loro identità.
6° STADIO – Intimità opposta ad isolamento – età giovanile (poco definita in questa epoca)
Il giovane avverte la necessità di una relazione intima appagante che può trasformarsi in una relazione stabile e duratura, sia come unione tra sessi opposti (amore, passione, progetto di vita), sia come relazione asessuata (amicizia). Chi non riuscirà a vivere questo profondo sentimento di intimità, sentirà un forte senso di isolamento e solitudine.
7° STADIO – Generatività opposta a stagnazione – la maturità
In questa fase la crisi che la persona è chiamata a superare riguarda la procreazione. Procreazione non intesa solo in senso letterale; considerata con una più ampia accezione che prevede la possibilità di lasciare qualcosa alle generazioni successive. Come nel caso dell’Insegnante, del ricercatore, dell’artista, etc. Tuttavia, in questo periodo l’individuo sente il grande bisogno di procreare, di realizzarsi professionalmente e di offrire un importante contributo per educare le nuove generazioni. Chi non avrà successo in questo compito di sviluppo, sperimenterà un senso di stagnazione, di immobilità e soprattutto della inutilità riferita alla propria esistenza..
8° STADIO – L’integrità dell’IO opposta a disperazione – la terza età, l’ultimo periodo della vita
E’ lo stadio nel quale l’individuo, giunto vicino al traguardo della propria vita, osserva il suo percorso e si guarda indietro cercando di comprendere se sono stati commessi gravi errori. Si riflette se si è soddisfatti di come si è vissuto o se bisogna provare rimpianto per qualcosa che si poteva fare, che non si è fatto e che è troppo tardi per fare ora. Se il bilancio è positivo, quando l’individuo non sente forti rimpianti e avverte un senso di soddisfazione, tutto questo favorirà una integrità dell’IO. L’integrità dell’IO in questa fase consente di congedarsi dalla vita serenamente, accettando la propria morte con una calma emotiva, nella consapevolezza che il viaggio è stato bello, gli obiettivi sono stati realizzati e rimane poco prezioso tempo per godere della vita, senza rimpianti e rimorsi.
stella
Nel corso della vita rancori, invidie, ossessioni, il risultato di drammi esistenziali non elaborati e non superati, possono far viaggiare l’individuo attraverso un tunnel le cui fermate appaiono sfuocate e la fine della corsa lontana. Il tempo passa, la fine del tunnel, inesorabilmente, si avvicina e le fermate trascurate nel passato non torneranno più. Le fermate sono i momenti di riflessioni, le introspezioni, i profondi respiri che consentono di vedere le situazioni, i sentimenti, liberi dal nero involucro arrotolato dai nostri demoni.

Vale la pena, quando si è ancora in tempo, scendere ad una fermata, salire in superficie e osservare la clessidra della nostra vita, regalarci il tempo che serve per qualche profondo respiro, ascoltare i suoni, sentire l’aria, gli odori ed i ricordi lontani. Solo chi ha il coraggio di fermarsi ogni tanto, scendere a qualche fermata senza paura, ascoltarsi e ascoltare, espandersi emotivamente e non costringersi chiudendo il cuore agli affetti, potrà congedarsi dalla sua esistenza con l’orgoglio nel cuore di essere stato l’eroe della propria vita.Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147