La genesi dell’identità femminile si forma nella relazione primaria con la madre. Non esiste una differenza anatomica o di identità fra madre e figlia. Questa situazione naturale favorisce la formazione di un’identità femminile forte, precoce e idealizzata. Per la piccola, la scoperta di una differenza anatomica tra i sessi può rappresentare una delusione che intorno ai tre anni di età la spingerà a rivolgersi al padre, investendolo come oggetto libidico.
In questa fase il desiderio edipico e di riconoscimento narcisistico si compenetrano indissolubilmente; per questo motivo nell’amore femminile l’amore edipico idealizzato rappresenta una forza che orienta verso la separazione dall’attaccamento pregenitale alla madre. Dal punto di vista sociale e culturale, una seconda “delusione” è rappresentata dalla diversa valutazione della femminilità de della mascolinità, soprattutto all’interno della famiglia, ferendola sul piano narcisistico. Questo aspetto è accentuato nelle famiglie in cui dil “mito” del figlio maschio oscura il valore della femminilità. E’ triste constatare che spesso sono proprio le madri ad agire all’interno dl nucleo familiare questa triste differenziazione, che vede i maschi aventi più diritti e meno doveri delle femmine (in quanto femmina dovrai aiutarmi a pulire, fare le faccende, giocherai più tardi e non avrai accesso alla libertà e al piacere come i maschi). La soggettività femminile si sviluppa a partire da un pensiero di deficit narcisistico che l’ostacola nell’assumere la madre come modello, favorendo l’idendificazione sul padre. La formazione dell’identità di genere attraversa diversi percorsi nella femmina rispetto al maschio. Per costruire un ideale di genere che orienti il ruolo femminile e il desiderio sessuale aiutandola nel passaggio verso la maturità femminile (da bambina a ragazza a donna), la bambina deve ritrovare la sua femminilità valorizzata, ricostruire un ideale dell’Io femminile; questo è un compito di sviluppo che la impegnerà soprattutto nell’adolescenza. Le risposte soggettive in relazione all’ambiente possono presentare forme variegate, troppe adolescenti vivono con disagio la propria femminilità (soprattutto quando all’interno della famiglia la femminilità rappresenta un limite e una sofferenza rispetto alla virilità, oppure incontra e rimane invischiata nelle criticità della relazione coniugale dei genitori), esprimendola in modo vago ed incerto, altre la esibiscono facendo della seduzione il proprio modo di comunicare fino a reprimere ogni altra espressione di sé, altre ancora la rifiutano radicalmente, fino a trasformare il proprio corpo in una decisa negazione della femminilità. Le adolescenti che hanno sofferto per un’infanzia deprivata affettivamente, tendono nella costruzione dell’identità di genere a far confluire bisogni infantili di protezione e cura con i bisogni femminili di autonomia e amore sessuale. L’amore sessuale si presenterà intossicato da bisogni anaclitici di accudimento, con il risultato di un uso precoce della sessualità, spoglio dei significati genitali di amore e scambio reciproco, ma intriso da conferme narcisistiche del proprio valore per ottenere attenzione e vicinanza. Allo stesso modo in cui i maschi, che faticano a trovare nella figura paterna un modello di genere adatto ai proprio bisogni di identificazione, si rivolgono al gruppo dei pari dello stesso sesso per ricercare un modello di identità di genere, le ragazze adolescenti che non hanno trovato nella madre un modello con cui potersi identificare per attraversare questa fase di sviluppo, rivolgono la propria attenzione ed energia ai modelli femminili all’interno del gruppo dei pari. La mancanza di un modello femminile adulto impedisce l’integrazione dei valori femminili con quelli materni.In questa situazione, all’interno dei gruppi di coetanee le adolescenti attuano comportamenti eccessivi, trasgressivi, carichi narcisisticamente e disfunzionali. Evidenziano l’irrisolvibilità del conflitto fra codice materno e codice femminile quando è negata la possibilità d’identificarsi con modelli femminili adulti di riconosciuto valore parentale e sociale.Dr. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147
Studio di psicologia, psicoterapia, consulenza di coppia, mediazione familiare a Milano
psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale
psicoterapia di coppia – meccanismi inconsci possono condizionare gioie, liti, conflitti, tradimenti e incomprensioni familiari
psicoterapia di gruppo – di analisi bioenergetica, la conduzione che si struttura anche attraverso il linguaggio del corpo
colloquio psicologico – è un incontro tra uno psicologo e una persona che lo contatta a causa di un malessere
ansia e attacchi di panico – la respirazione corta è condizionata da difese caratteriali per la sopravvivenza infantile
depressione, calo di energia – inchioda l’individuo, tristezza, sconforto, disagio, malinconia, si impossessano di lui
problemi caratteriali, relazionali – bisogno di intimità e auto espressione, paura che i due elementi possano escludersi