Attraverso la dissociazione, una difesa dell’Io primitiva (nasce nell’infanzia) ed elementare, il bambino si difende da eventi di intensità fuori portata dalla sua limitata finestra di tolleranza.
Situazioni sovrastanti le sue possibilità di osservazione, elaborazione e contenimento, necessitano di un meccanismo capace di conservare l’integrità del fanciullo, evitare vissuti di frammentazione e pericolose alterazioni percettive, amplificate dallo stato di dipendenza tipico della tenera età. I ricordi connessi saranno collocati in uno spazio psichico inaccessibile alla coscienza, in modo da permettere la conservazione di abilità in erba, bisognose di climi miti e confortevoli, al riparo da furiosi fenomeni atmosferici. Attraverso la dissociazione il bambino separa le sensazioni corporee dai processi mentali, si adatta a considerare più importante il pensiero dalle sensazioni, d’altra parte l’educazione emotiva tende ad essere un’educazione di tipo razionale. Logica contro sensazioni: “non si fa! Lo dico Io e basta! Sei cattivo perchè hai fatto questo, sei bravo perchè hai obbedito!” Invece che: “Devi essere molto arrabbiato per urlare così, come mai? Cosa succede? Cosa senti? Cosa ti fa soffrire?”. Noi adulti riteniamo di poter contenere l’impulsività tipica dell’età attraverso l’insegnamento e l’educazione, invece, spesso, alleniamo il piccolo a separare il pensiero dalle sensazioni e dai sentimenti. Se la dissociazione non si presenta in forme pervasive, eccessive, è funzionale alla vita di relazione. Bambini che litigano per qualcosa, ma poco più tardi sono ben disposti a tornare serenamente al gioco con i compagni. Oppure non farsi coinvolgere da eventi come liti tra genitori gestite in modo barbaro e continuare a giocare con una serenità più o meno sufficiente per evitare pericolosi coinvolgimenti emotivi. Spesso i genitori, parlando dei loro bambini, si stupiscono di come siano sereni nonostante situazioni roventi che accompagnano le relazioni familiari. La dissociazione ha proprio questo obiettivo: “permetter al fanciullo di riservarsi una porzione sufficiente di serenità, nonostante tutte le situazioni potenzialmente traumatiche che angustiano la vita familiare”. Il problema si presenta se, diventati adulti, continuiamo a funzionare a compartimenti separati perchè abituati a “fuggire” da situazioni intense emotivamente. La capacità di stare in situazioni intense emotivamente è rimasta sotto soglia e questo determina l’accesso limitato alle sensazioni del cuore. Troviamo persone incapaci di dire “ti amo” o di sentirsi dire “ti amo”, in difficoltà ad amare e a lasciarsi amare. Difficoltà a stringere legami forti di amicizia e di vicinanza affettiva. Chi tende a dissociare lo fa in modo non cosciente, non si accorge di passare da un compartimento psichico e l’altro senza un collegamento emotivo. Quando la dissociazione è fortemente presente in un individuo avviene un fenomeno abbastanza frequente: perde la memoria. Passare da un compartimento e l’altro tra le istanze psichiche può ridurre il volume della connessione e quindi del ricordo vivido e, come quando spaziamo tra argomenti perdiamo il filo del discorso (ricordo iniziale), perdiamo il filo della memoria, tipico nei casi di amnesia infantile.
I disturbi dissociativi possono prendere quattro forme:
amnesia dissociativa, fuga dissociativa, disturbo di depersonalizzazione, disturbo dissociativo d’identità.
Amnesia dissociativa: L’amnesia dissociativa è un tipo di disturbo dissociativo che limita la memoria, fino all’impossibilità di ricordare importanti eventi che non sarebbero abitualmente dimenticati. Nell’amnesia dissociativa, l’informazione perduta, può riguardare anche la memoria autobiografica. La memoria autobiografica ha una funzione di apprendimento che si evidenzia, principalmente, in ambito morale, praticamente le condotte del passato orientano l’individuo a comportarsi nella vita considerando passati comportamenti che sono stati fonte di sofferenza per gli altri. Inoltre la memoria autobiografica costruisce una certa omogeneità di comportamento come riflesso di un sé formatosi nel corso del tempo, assicurando un senso dell’identità personale. Nonostante le informazioni dimenticate non sono presenti nella coscienza, sono presenti a livello inconscio e possono orientare il comportamento (ad esempio, una persona brutalmente percossa all’interno di una discoteca, sebbene non ricordi la violenza subita, rifiuta di entrare in una discoteca).
Fuga dissociativa: Si manifesta attraverso l’allontanamento improvviso ed inaspettato da casa o dal posto di lavoro, associato dall’impossibilità di ricordare il passato della propria vita e da confusione riguardo la propria identità personale, oppure dall’assunzione di una diversa identità. È un disturbo piuttosto raro, connesso ad esperienze traumatiche che caratterizzano l’insorgenza di uno stato di coscienza alterato, nel tentativo di evitare il ricordo traumatico, intollerabile per la coscienza.
Disturbo di depersonalizzazione: La depersonalizzazione è un disturbo che si presenta con la sensazione, come in un sogno, di essere distaccati dal proprio corpo o dai propri processi mentali. Abitualmente, questo fenomeno si accompagna alla percezione di poter osservare se stessi e la propria esistenza dall’esterno. A differenza di un disturbo psicotico, i soggetti che sperimentano la depersonalizzazione conservano la consapevolezza che le esperienze di estraneazione non siano reali. In associazione alla depersonalizzazione può manifestarsi la derealizzazione. Nei vissuti di derealizzazione si percepisce il mondo esterno strano o irreale. Il soggetto può sentire una alterazione strana e perturbante (secondo Freud il perturbante è qualcosa che prima era familiare nella vita psichica e che poi è stato estraniato dal soggetto attraverso la rimozione della misura o della forma degli oggetti. Inoltre le persone possono apparire non familiari, si perde il senso della realtà del mondo esterno. La derealizzazione può essere accompagnata da distorsioni visive come la sfocatura o alterazioni del campo visivo o ancora alterazioni della distanza o delle dimensioni di oggetti.
Disturbo dissociativo di identità: Il disturbo dissociativo di identità si presenta con la presenza di due o più identità o stati di personalità diversi. Ogni soggetto all’interno del disturbo possiede un personale modo di percepire sé stesso e la realtà, un proprio modo di relazionarsi. Almeno due di queste identità o stati di personalità si alternano in modo ricorrente nel controllo del comportamento della persona e ognuna di esse, quando presente, non ha assolutamente ricordo cosciente dell’altra.
Esistono anche fenomeni lievi di dissociazione. In ogni caso la loro origine riguarda i vissuti e i traumi infantili. Quando ci si trova dinanzi ad una minaccia di dolore o di pericolo, si può reagire attraverso la lotta o la fuga, dipende dalle risorse personali, dall’energia di un bambino, condizionata anche dalla propria storia personale. Quando, a fronte di una minaccia reale o percepita tale, ci si sente in trappola, senza alcuna via d’uscita, la rabbia come reazione fisiologico organismica si spegne e prevale la paura, il terrore, si è spinti a ritirarsi. In questa situazione terrifica fonda le sue radici la dissociazione come funzione adattativa. Il processo dissociativo ricerca, trova e attua la migliore soluzione possibile in quelle determinate situazioni. Se la reiterazione di situazioni stressanti e pericolose continua nel tempo, per il fanciullo la dissociazione provoca l’indebolimento difensivo della capacità riflessiva causata dal distacco della mente dal Sé. La funzione riflessiva è la capacità di riconoscere gli stati mentali propri e altrui. La mente si distacca dalla realtà allo scopo di proteggersi dalla frammentazione, in questo modo gli stati incompatibili sono stati staccati, dissociati. Gli elementi “staccati” non scompaiono, saranno conservati in un “cassetto della mente”, che, una volta chiuso, i ricordi connessi all’esperienza perdono la loro narrabilità. Nella vita adulta gli elementi dissociati ricompariranno come fenomeni mentali episodici e discontinui, non narrabili consapevolmente. Le esperienze dissociate non possono essere comunicate a parole, ma possono essere osservate nei comportamenti di un individuo. Gli stati dissociativi originano da un bisogno di sopravvivenza, evidenziano qualcosa che a suo tempo è mancato e che avrebbe dovuto esserci: cura, rispetto, protezione, calma, dolcezza. Anche nei casi riferiti a traumi lievi, l’organismo può continuare la sua esistenza solo reprimendo lo stesso sentire, dissociandosi in modo più o meno intenso dal proprio corpo e dalla realtà. Gli effetti della dissociazione sono traghettati nell’età adulta e, anche se gli adulti potrebbero realisticamente provvedere alle proprie esigenze, quando si slatentizzano effetti traumatici infantili la memoria psicocorporea del bambino violato riaffiora con la potenza di allora. Il tempo perde lo spazio nella mente, il passato si unisce al presente, il tunnel del tempo cancella il segmento di separazione e l’adulto vive la sensazione antica di non poter gestire ricordi devastanti. L’adulto che ha incapsulato fino a questo momento le devastazioni del trauma, non ce la fa ad affrontare coscientemente questa drammatica situazione; la memoria della tremenda ferita infantile non consente un contatto unito a contenimento, resta incontenibile e paralizzante. L’ipotesi di affrontare drammi esistenziali che si considerano incontenibili e terrorizzanti avvicina l’adulto al bambino, entrambi sentono lo stesso rischio di sopravvivenza. L’adulto di oggi non può prendersi cura del suo bambino interiore perchè è regredito egli stesso a livello infantile, senza risorse, senza possibilità alcune. La dissociazione è un meccanismo difensivo che protegge il mondo interno (bambino) dal ricordo di memorie traumatiche infantili ancora ingestibili. la ripercussione della dissociazione la troviamo sui sensi della realtà somatica.
La cura per questi pazienti richiede esperienza, passione, coraggio, calma e dolcezza. Come insegna Alexander Lowen, la terapia è un viaggio alla scoperta di sé. Il viaggio viene descritto dal poeta Dante nella sua opera, La Divina Commedia. In questo viaggio un paziente deve attraversare il suo Inferno interiore. Dante poté affrontare questo viaggio nell’Inferno con l’aiuto di una guida, il poeta Virgilio, mandato in suo aiuto da Beatrice che lo protegge dal Paradiso. Virgilio può aiutare Dante ad attraversare questo luogo pericoloso senza rischi perché lui stesso lo ha fatto. Lo psicoterapeuta è anch’egli una guida il cui ruolo è quello di condurre il proprio paziente attraverso l’Inferno per fargli raggiungere il Paradiso. Ma nessun terapeuta può guidare un paziente senza rischi negli inferi che lui stesso non ha attraversato. Solo una persona del genere è degna di fiducia perché conosce i pericoli, in particolare la paura della morte e la paura della follia, che sono nascoste negli inferi. L’inferno è un’area al di sotto del diaframma che nella mitologia indica la superficie della terra. Quest’area sotto il diaframma può essere la sede dell’Inferno quando si ha paura dei sentimenti che contiene, in particolare la paura dell’annientamento e la disperazione di trovare la luce dell’amore. Se uno può essere liberato dal dolore, dalla disperazione e dalla paura che impedisce di vivere in quest’area, può esserci anche il Paradiso dove la gioia è possibile (perché l’Inferno è soltanto il dolore di un desiderio inappagato di amore e di vita). Per la maggior parte delle persone l’inferno vivente associato alla disperazione e alla paura non è dove i fuochi della passione bruciano ardenti, ma in luogo buio, vuoto e freddo simile alla tomba. Il paradiso è rappresentato dalla possibilità di sentire, sentire il dolore ma anche la gioia, sentire l’odio e anche l’amore e poter scegliere dove orientare il proprio cammino.
Dr. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147
Studio di psicologia, psicoterapia, consulenza di coppia, mediazione familiare a Milano
psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale
psicoterapia di coppia – meccanismi inconsci possono condizionare gioie, liti, conflitti, tradimenti e incomprensioni familiari
psicoterapia di gruppo – di analisi bioenergetica, la conduzione che si struttura anche attraverso il linguaggio del corpo
colloquio psicologico – è un incontro tra uno psicologo e una persona che lo contatta a causa di un malessere
ansia e attacchi di panico – la respirazione corta è condizionata da difese caratteriali per la sopravvivenza infantile
depressione, calo di energia – inchioda l’individuo, tristezza, sconforto, disagio, malinconia, si impossessano di lui
problemi caratteriali, relazionali – bisogno di intimità e auto espressione, paura che i due elementi possano escludersi