Con la separazione il legame tra i coniugi non si interrompe. Esiste una profonda differenza tra separazione coniugale e responsabilità genitoriale.
I coniugi che constatano il fallimento della loro unione sentimentale, attraverso la separazione, scioglieranno la reciproca congiunzione di bisogni e di aspettative, ma non potranno mai sciogliere il loro legame genitoriale.
La divisione delle parti che compongono il nucleo familiare pare rappresentare per il bambino un evento disturbante.
Per il bambino, specialmente se molto piccolo, è sempre difficile distinguere le relazioni che intercorrono tra lui e i genitori e le relazioni intercorrenti tra i genitori stessi. Quando si modificano le seconde il bambino è portato a ritenere che si siano modificate anche le prime. Il fanciullo non può possedere strumenti cognitivi sufficienti per elaborare la “perdita” di uno dei genitori e per comprendere i motivi di questo cambiamento.
Il bambino può arrivare ad attribuirsi la colpa del fallimento dell’unione familiare elaborando, con i mezzi cognitivi disponibili alla sua età, una responsabilità propria e di non meritare l’amore dei genitori. Inoltre, il bambino può vivere l’allontanamento di uno dei genitori come un abbandono della famiglia verso il genitore che non è più in casa, destino che lo spaventa terribilmente se pensa che potrebbe capitare anche a lui.
Quando questo difficile periodo di cambiamento dell’asseto familiare è accompagnato da ostilità e conflittualità tra i coniugi, il bambino rischia di venire manipolato dai genitori allo scopo di ottenere il suo l’affidamento e questo non solo per affetto materno/paterno, quanto per un reciproco sentimento di rivalsa tra adulti. Vincere la causa di separazione rappresenta il pubblico riconoscimento di genitore e di adeguatezza anche nel ruolo di coniuge. Chi perde la causa vive un senso di scoramento e, talvolta, di rabbia verso il sistema.
Il bambino sperimenta in prima persona i pressanti e fastidiosi tentativi di alleanza che ognuno dei due genitori vuole instaurare con lui a scapito dell’altro; in questo modo il rapporto con uno dei genitori potrebbe risultarne compromesso. Nel rapporto con il genitore non affidatario, il bambino sarà portato ad assorbire le valutazioni negative espresse dall’altro genitore e quindi indotto a nutrire sentimenti negativi verso chi gli viene “disegnato” come colui/colei che lo ha abbandonato. Il genitore affidatario tenderà ad ostacolare, anziché favorire, i rapporti del figlio con l’altro genitore. Il genitore non affidatario, da parte sua, si comporta frequentemente allo stesso modo, parlando male del genitore affidatario e, approfittando delle giuste limitazioni che il genitore affidatario fa rispettare al bambino, per apparire ai suoi occhi come il genitore più aperto, liberale e sempre possibilista. Una ulteriore insidia a danno del bambino si presenta quando il genitore non affidatario interpreta le difficoltà relazionali con il figlio, dovute generalmente ad una insufficiente comunicazione e ad un rapporto superficiale con incontri fugaci, come l’effetto di un’azione di plagio da parte dell’altro genitore, con conseguente inasprimento del conflitto.
Imprigionato dentro queste dinamiche perverse degli ex partner, il bambino sarà costretto a vedere deteriorare i suoi rapporti con entrambi i genitori.
Elizabeth Kübler Ross, medico, psichiatra e docente di medicina comportamentale, sostiene che la separazione dei genitori è vissuta dal bambino con una miscela di emozioni che toccano il senso di abbandono, rabbia, frustrazione, sentimenti simili al dolore provato di fronte alla morte di una persona cara. Nel modello presentato dall’Autrice, si osservano cinque stadi di elaborazione del lutto che, adattati alle situazioni di divorzio e separazione, si distinguono in:
- 1° stadio: negazione. I bambini rifiutano di accettare la separazione dei genitori e la conseguente perdita di uno di essi, arrivando a negare la realtà della separazione.
- 2° stadio: rabbia. È frequente che i bambini in questo momento particolare della loro vita provino rabbia o ostilità nei confronti di uno o di entrambi i genitori, dei fratelli, delle sorelle, degli amici e persino di loro stessi, ritenendoli/ritenendosi la causa del conflitto e/o della separazione.
- 3° stadio: negoziazione. Alcuni figli, attraverso un cambiamento comportamentale negativo (es. ricatto emotivo) oppure positivo (es. alleanza per manipolare il fanciullo), cercano di frenare il processo di separazione genitoriale o di posticiparne il distacco.
- 4° stadio: depressione. Si è rilevato che i bambini in questione hanno una probabilità maggiore di sviluppare sentimenti di abbandono, di paura e si dimostrano apatici.
- 5° stadio: accettazione. Con il passare del tempo, diversi bambini sembrano riacquistare un loro equilibrio e sentirsi a loro agio nella nuova situazione familiare, potendo rivivere sentimenti di conferma d’amore e di accoglimento affettivo.
I figli non arrivano ad una accettazione del divorzio dei propri genitori se prima non affrontano ed elaborano le varie fasi del dolore. L’elemento fondamentale per i bambini e per i genitori è permettersi di soffrire, poiché solo in questo modo è possibile superare il dolore della separazione, in particolare modo se conflittuale e densa di ostilità.
Questa condizione viene avallata dai provvedimenti del tribunale che rendono il genitore affidatario, in via di diritto e in via di fatto, possessore dell’ “oggetto-figlio”. I figli sono usati frequentemente come arma di ricatto o di “punizione” contro il genitore giudicato colpevole del fallimento del matrimonio. Per tali motivi, non sono rari i casi in cui la conflittualità della coppia genitoriale si traduce in una sofferenza di grado elevato del minore, che finisce col dimostrare segni di disagio psichico, disadattamento sociale, disturbi di origine nervosa.
Esiste una seconda forma di violenza, quella insita nella natura stessa dei provvedimenti giudiziali e nell’esecuzione forzata dei medesimi.
I provvedimenti giudiziali, se da un lato sono necessari ed ineludibili, dall’altro hanno insita, per la loro stessa natura coercitiva e rigida, una forma di violenza duplice: materiale e psicologica.
Da questa premessa si evidenzia l’opportunità di una particolare attenzione rivolta ai servizi di tutela, prevenzione e assistenza verso i minori. Una nuova cultura dell’infanzia e della separazione libera da pregiudizi, che il nostro ordinamento non prevede e, talvolta, ostacola anche nel nome di un diritto certo e quindi astratto.
Una nuova cultura nella gestione della dissociazione coniugale, con una attenzione che rispetti e tuteli i minori coinvolti inevitabilmente nella disputa, richiede che i genitori sappiano fare entrambi un passo indietro nella gestione delle situazioni difficili che devono essere superate, riscoprendosi e riconoscendosi vicendevolmente figure valide per la crescita equilibrata ed armonica dei propri figli, nonostante tutte le problematiche collegate alla separazione.
Dr. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, CBT, Supervisore, Mediatore Familiare
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale
psicoterapia di coppia – meccanismi inconsci possono condizionare gioie, liti, conflitti, tradimenti e incomprensioni familiari
psicoterapia di gruppo – di analisi bioenergetica, la conduzione che si struttura anche attraverso il linguaggio del corpo
colloquio psicologico – è un incontro tra uno psicologo e una persona che lo contatta a causa di un malessere
ansia e attacchi di panico – la respirazione corta è condizionata da difese caratteriali per la sopravvivenza infantile
depressione, calo di energia – inchioda l’individuo, tristezza, sconforto, disagio, malinconia, si impossessano di lui
problemi caratteriali, relazionali – bisogno di intimità e auto espressione, paura che i due elementi possano escludersi