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il ruolo e le competenze del mediatore familiare

Per chiarire il ruolo e le competenze del mediatore, è stata realizzata dalla Association pour la Promotion de la Médiation Familiale una commissione che ha riunito i responsabili dei centri di formazione presenti in Europa. La prima riflessione riguarda il campo d’applicazione e le competenze del mediatore. La Carta Europea si occupa della formazione concernente […]

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il mediatore familiare – il ruolo del mediatore familiare

Il buon esito della mediazione dipende in buona parte nella professionalità dell’operatore che prende in carico la coppia decisa a separarsi. Il mediatore non svolge una psicoterapia, né una consulenza legale, né un arbitrato; se avvia la mediazione, non è un consulente familiare. Tra i suoi compiti non rientra la prospettiva della conciliazione e per

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mediazione familiare parziale e globale

Nella mediazione “parziale” ci si occupa principalmente dell’interesse dei bambini e si responsabilizzano i genitori per attutire le conseguenze della separazione sui figli. Dalla mediazione “parziale” sono tenuti fuori gli aspetti finanziari e legali della separazione che, invece, vengono curati nella mediazione “globale”. Nella mediazione parziale vengono considerati gli aspetti dell’affidamento, dell’educazione, del tempo libero,

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a chi è dedicata la mediazione familiare, a chi si rivolge?

La Mediazione Familiare è un tipo di intervento volto alla riorganizzazione delle relazioni familiari e alla risoluzione o attenuazione dei conflitti, in vista o in seguito alla separazione o al divorzio. L’obiettivo principale trova dimora nel raggiungimento di accordi, che i due coniugi si impegnano a mantenere nel tempo, grazie all’aiuto del mediatore familiare. La

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che cosa è la mediazione familiare, concretamente?

Il Mediatore Familiare, concretamente, deve avere al centro della propria etica professionale il preciso obiettivo di attuare una restituzione, ai coniugi in mediazione, circa l’insieme dei loro riferimenti personali, patrimoniali e valoriali, liberati dalla conflittualità presente e indirizzati verso un accordo futuro per effetto della libera e consapevole capacità di negoziare delle parti. Questo tipo

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definizione di mediazione familiare

La mediazione familiare può essere definita “l’intervento, nell’ambito di una disputa tra i due contendenti della coppia, di una terza persona imparziale, neutrale e gradita ad entrambi, che non riveste autorità decisionale, ma li aiuta affinché essi pervengano ad una soluzione della vertenza che risulti di reciproca soddisfazione soggettiva e di comune vantaggio oggettivo. Una

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storia, evoluzione e utilità della mediazione familiare

La mediazione familiare è sorta negli anni 70′ negli Stati Uniti. Si è diffusa poi in alcuni stati europei dove se ne riconosce l’utilità e l’efficienza. Ogni paese, per via delle caratteristiche sociali, politiche, economiche e culturali ha orientato i principi e gli obiettivi della mediazione familiare in base alle proprie realtà ed esigenze. La

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il carattere rigido

Le persone rigide tendono ad avere un carattere fermo, inflessibile e orgoglioso. Il capo è tenuto alto e la colonna vertebrale in una costante situazione di erezione, tipica della posizione del militare sull’attenti. All’apparenza si tratta di caratteristiche con connotazioni positive, se l’orgoglio non rappresentasse una difesa e la “durezza” non fosse rigida, inflessibile. Nella

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Le proiezioni e il processo terapeutico

Secondo la psicodinamica, dal momento che il paziente ha interesse a mantenere inconsci i veri motivi del comportamento e oppone loro delle resistenze, non è possibile raggiungere la consapevolezza con un’indagine diretta, bensì con il metodo delle associazioni libere e dell’interpretazione dei sogni. Nella terapia psicodinamica, l’analisi e la comprensione delle resistenze sono parte fondamentale

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il carattere schizoide

Accettare un sentimento implica più della semplice consapevolezza intellettuale della sua esistenza. Si deve sperimentare il sentimento, fare amicizia con esso. (Alexander Lowen, Arrendersi al corpo, Feltrinelli, Milano, 2004, cap. I° – pag. 176). Per comprendere il tratto schizoide è necessario un lavoro con l’aspetto terrifico dell’esperienza umana, in terapia si lavora molto sugli occhi

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