Il tipo di interazioni tra una coppia consente di prevedere la stabilità o l’instabilità della loro unione sentimentale. Abitualmente, per le coppie con prole, chi è vicino ai propri figli lo sarà anche al proprio coniuge e questo comportamento è sicuramente positivo per la salute del matrimonio. La distanza emotiva dei coniugi dai loro figli conferma la disfatta del loro legame coniugale.
Le coppie infelicemente sposate o conviventi, percorrono un sentiero negativo di transazioni, atteggiamenti, sentimenti ed emozioni che porta alla disintegrazione dell’unione. Questa distruzione avviene in diverse fasi, quattro delle quali sono le più significative. In “L’intelligenza emotiva” di Daniel Goleman (professore di psicologia a Harvard), queste fasi sono definite per allegoria “I quattro cavalieri dell’apocalisse”. Ogni “araldo della catastrofe” è successivo a quello precedente, smembra la comunicazione e l’attenzione sarà rivolta sempre più verso il fallimento del rapporto.
Le quatto fasi sono rappresentate da atteggiamenti prevalenti di:
1) – CRITICA
2) – DISPREZZO
3) – REAZIONE DIFENSIVA
4) – MURO DI SILENZIO
Ne consegue che questi quattro elementi sono dannosi soprattutto per i figli delle copie in crisi. Se l’atmosfera nella famiglia è contaminata dal comportamento critico, sprezzante, difensivo e taciturno dei genitori, è probabile che i figli subiscano gli effetti nocivi del conflitto tra il papà e la mamma.
LA CRITICA – Riguarda i dettagli negativi valutati sulla personalità del partner, espressi in modo fastidiosamente biasimevole. Apparentemente, può sembrare una lagnanza, tuttavia la gestione del reclamo/lagnanza è utile in un rapporto e può essere considerata un regalo del partner d’amore. Ci comunica un disagio e consente di comprendere il problema con immediatezza, senza l’onere di patire conseguenze più gravi.
Nella realtà, tra lamentarsi, reclamare per una insoddisfazione sulle attese e criticare, c’è una gran differenza.
Il reclamo ha come obiettivo un comportamento specifico che non piace, la critica attacca il carattere di una persona.
Esempio:
Lagnanza: quando vai a giocare a calcetto con gli amici, io mi sento sola.
Critica: Sei irresponsabile a lasciarmi puntualmente a casa con i bambini, è ovvio che la famiglia non ti interessa nulla.
Mentre il reclamo o lagnanza afferma un fatto, la critica è l’espressione di un giudizio e richiama la persona criticata ad essere diversa da ciò che è. Implica che il partner sia portatore di un difetto non rimediabile.
La critica si esprime attraverso termini assoluti: “Non mi aiuti mai”, “Fai sempre tardi”, “Spendi sempre troppi soldi”, etc. La critica è anche espressione di frustrazione covata in silenzio e di collera repressa. Uno dei due soffre in silenzio e l’altro rimane indifferente alla crescente tristezza e disapprovazione del partner. Quando la parte silenziosa non ne può più e non riesce a reprimere ulteriormente i propri sentimenti negativi, esplode in una sequenza di reclami. L’effetto può essere pericoloso. Le lagnanze si succedono in modo disordinato, non collegato: “sei sempre in ritardo, non giochi mai con i bambini, sei sempre stanco, non mi porti mai a cena fuori, non curi il tuo aspetto, continui ad ingrassare, etc”. Il rogo della rabbia, sfociato in critiche a raffica è così forte che chi le subisce le considera un affronto personale e non la comunicazione di un disagio. Può sentirsi aggredito, offeso e vittima. Queste sensazioni aprono la strada alla seconda fase: “Il disprezzo”. Per evitare critiche, reclami così dannosi, è necessario affrontare i conflitti ed i disagi appena sorgono. Non bisogna mai attendere di essere così tanto arrabbiati o offesi da non poterne più. Occorre saper esprimere la collera o il dispiacere in modo specifico, senza offendere la personalità del proprio compagno/a. Quando si comunica insoddisfazione, è opportuno evitare premesse come: “non mi sarei mai spettata/o che, non avresti dovuto, sei sempre, non sei mai, etc”. Quando un appartenente alla coppia si lamenta e non riesce a ottenere una risposta accettabile dal compagno, la sua irritazione cresce fino a trasformarsi in un atteggiamento critico negativo. Chi si arrabbia desidera unicamente dare rilievo alla propria insoddisfazione. Per il partner la strada più corretta è accettare l’irritazione e rispondere ad essa, senza sentire ferita la propria personalità e prima che la rabbia diventi critica negativa.
IL DISPREZZO è una critica estremizzata. Una persona che disprezza intende ferire psicologicamente. Il disprezzo frequentemente nasce dalla disapprovazione per il comportamento del compagno e dal desiderio di vendicarsi. Chi sente disprezzo per qualcuno si riempie la mente di pensieri meschini: “mio marito è ignorante, incapace, insensibile, etc”. In una unione più prendono piede queste idee e maggiore sarà la difficoltà a ricordare le qualità che inizialmente sono apparse tanto gradevoli, al punto da suggerire l’unione. Gli ingredienti che annunciano l’infezione del rapporto da parte del disprezzo sono: insulti, offese e scherno, quest’ultimo agito senza umorismo ma con la volontà di ferire. Un esempio è la correzione della grammatica nelle frasi che l’altro ha pronunciato mentre era irato. Anche il corpo sottolinea la mancanza di fiducia: sgranare gli occhi, ridacchiare beffardamente, incrociare le braccia, voltare le spalle, fare altro mentre si ascolta etc. Scacciare il disprezzo quando si è insediato in una unione richiede un percorso volto ad “invertire la rotta”, un grande impegno. Un buon inizio è prestare attenzione a quei meccanismi ripetitivi che ognuno porta nella mente. Quando ci si accorge di ripetere dentro di se idee insultanti o ipotesi di vendetta, è una buona regola tentare di sostituire questi sentimenti negativi con pensieri sereni, come: anche se queste caratteristiche le detesto, ve ne sono altre per me di gran valore, come: “la lealtà, l’onestà, la gioia, la saggezza, la giocosità. Un atteggiamento adeguato recita:
“Di quello che non mi piace vorrei parlarne con calma, facendo attenzione a non ferire”.
Attribuire motivazioni positive o negative al compagno dipende solo da noi. Purtroppo, se non controllato, il disprezzo ha il potere di smembrare l’ammirazione ed i sentimenti di affetto. Quando non ci si impegna ad invertire la corrente, segue la reazione difensiva.
LA REAZIONE DIFENSIVA. Chi si sente ripetutamente attaccato con offese, gesti insultanti e sprezzanti, reagisce assumendo un atteggiamento difensivo. La reazione difensiva è nemica di qualsiasi unione, perché quando ci si sente sotto assedio si perde la capacità di ascoltare. Si reagisce negando ogni responsabilità: “non è colpa mia, etc”. Oppure inventando pretesti per i problemi: “sarei venuto ma ho dovuto fermarmi in ufficio fino a tardi; non ho trovato un capo di abbigliamento adatto all’occasione; sono stata/o trattenuta/o dal capoufficio; etc.”.
Ritorcere il reclamo è un altra forma di difesa: “mio marito dice che io spendo troppo, è lui che guadagna poco! (Ritorsione). Mia moglie dice che sono autoritario con i bambini, è lei che non li sa educare! (Ritorsione)”. Altra forma frequente di difesa è l’utilizzo della frase: “si, ma..” Una forma che muta il consenso in opposizione. “Una vacanza romantica? “Si, ma poi non avremo più i soldi per cambiare l’auto”.
A volte le persone si difendono ripetendo sempre lo stesso argomento, ripetendo sempre la stessa cosa in modo petulante e incessante.
Il modo per contrastare l’atteggiamento difensivo è ascoltare le parole del partner, senza pensare che rappresentano un attacco. Dovrebbero essere ascoltate con interesse perché sono utilissime informazioni, anche se espresse in termini forti. Il segreto per avere successo in questa difficilissima transazione è di trovare anche solo una minima verità nella contestazione del coniuge. Spesso basta limitare la reazione un attimo e riflettere: “non avevo mai considerato che per te questo fosse così importante, parliamone un po’”.
IL MURO DI SILENZIO. Quando non vi è modo di raggiungere un compromesso per avviare una tregua, lasciando che critica, disprezzo e reazione difensiva dominino il rapporto, è probabile che tra la coppia si innalzi un muro di silenzio. Si diventa come “un muro ” senza dare cenno di avere compreso quanto l’altro dice. Questa situazione, se permanente, suggerisce la separazione; la vita insieme diventa più una pena che una gioia e si perde completamente l’interesse e l’entusiasmo a stare insieme. Come se tutti i sentimenti e le emozioni che hanno unito fossero sostituiti con elementi negativi; la gioia iniziale muta in tristezza e l’amore in indifferenza. Per i coniugi consapevoli di avere eretto un muro di silenzio e che vogliono cambiare, è necessario fare uno sforzo per tentare di mutare la situazione e rispondere al compagno durante le discussioni. Da questo punto di partenza si può procedere ad un ascolto efficace, cui segue l’espressione delle proprie reazioni e considerazioni su quanto si sta ascoltando. In seguito si potranno esplorare nuovi modi per conservare la calma mentre si discutono temi “bollenti”.
Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Mediatore Familiare
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale
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