Non possiamo amare se non siamo liberi, poiché l’amore è la condivisione della gioia che sentiamo. Senza libertà interiore non vi è gioia. Per un bambino, non vi è gioia se non si sente amato. La maggior parte dei pazienti vuole essere amata dal terapeuta per superare la sensazione di rifiuto che ha sperimentato con i suoi genitori.
Alcuni si sforzeranno d’ottenere quest’amore in quanto buoni pazienti, mentre altri possono per ottenere lo stesso scopo, agire in modo sessualmente seduttore di fronte al terapeuta di sesso opposto. Nello stesso tempo, il paziente diffida del terapeuta, poiché nessun paziente crede realmente di poter essere amato per quello che autenticamente è. Generalmente la diffidenza è negata nell’interesse del transfert positivo, ma è sempre là. Emerge eventualmente nella sensazione d’essere rifiutati se si esprime una qualche idea negativa circa il terapeuta. Questo trattenere l’espressione di sentimenti negativi nei confronti del terapeuta agisce come un freno nel processo terapeutico e potrebbe condurlo ad una impasse. Quando i sentimenti negativi emergono, se sono adeguatamente gestiti, aprono un passaggio verso la libertà del paziente. Questi impara che non sarà rifiutato se tiene testa e se parla apertamente. L’espressione di sentimenti negativi ha senso solo se il paziente è in un transfert positivo, cioè alla ricerca dell’amore del terapeuta.
Alcuni pazienti sono apertamente diffidenti e negativi all’inizio della terapia. Tali pazienti troveranno sempre qualcosa da criticare a proposito della terapia. Benché sia essenziale per loro il poter esprimere liberamente i pensieri negativi, ciò non è vantaggioso per la loro sensazione di gioia. E’, in effetti, un’altra forma di resistenza, una difesa contro la possibilità di abbandonarsi, una paura d’amare. Ma non si può biasimare un paziente per un tale comportamento.
Una paura frequente riguarda la paura della sessualità. La decadenza della grazia, la perdita dell’innocenza, sono legate ad una sensazione di vergogna e di colpevolezza a proposito della sessualità. I bambini diventano consapevoli della loro sessualità verso i tre anni. Questa consapevolezza è associata all’esperienza dell’eccitazione sessuale nei momenti di contatto con il genitore di sesso opposto. A tre anni il bambino entra nella fase genitale della sua organizzazione libidica, ciò significa che la corrente d’eccitazione che esiste nel corpo è ancorata all’apparato genitale. Da tre a sei anni le sensazioni sessuali diventano più forti ed il comportamento del bambino esprime il suo interesse per il sesso opposto. Quest’interesse si esprime nel desiderio di toccare e di essere fisicamente vicino all’oggetto sessuale, ma non ha per fine la relazione sessuale. L’innocenza implica un’assenza di conoscenza a proposito del coito. Dopo i sei anni la forte eccitazione sessuale diminuisce. In precedenza c’era nel bambino una proliferazione di ormoni sessuali che testimoniano l’importanza della sessualità. Questo termina in seguito nella maggior parte dei casi ed il bambino entra nel periodo di latenza, nel corso del quale l’eccitazione e l’interesse sessuale sono relativamente a riposo. Alla pubertà, la sessualità si afferma nella sua forma matura, nella misura in cui il bambino cresce lentamente verso lo stadio adulto. Se questo sviluppo si svolge naturalmente, il bambino diventa una persona sessuata in buona salute, con una forte consapevolezza di se stesso e una pulsione sessuale altrettanto forte. Il bambino ha allora sviluppato un grado di possesso di sé che si manifesta nel fatto che la sessualità non passa mai all’atto, ma è espressa attraverso canali che favoriscono il benessere e la gioia dell’individuo. Durante la vita adulta la sessualità è una delle maggiori sorgenti di gioia, ma funziona così solo se è integrata nell’insieme della personalità. La testa, il cuore ed il sesso agiscono in armonia. Ciò avviene quando il flusso d’eccitazione è libero e completo dalla testa alle dita dei piedi, in modo tale che un’azione non sia una parte separata dell’insieme. Questo stato di completa integrazione è raro nella nostra cultura che dedica un culto al potere, al fare e alla “riuscita” dell’amore, dell’essere e della gioia. Siamo della gente dominata dalla testa per cui il sesso è un’azione guidata da un fine e non un’esperienza armonica, gioiosa e naturale. Cerchiamo di controllare la vita perché non ne abbiamo fiducia. Giudichiamo noi stessi e tutto ciò che facciamo. Non siamo liberi e c’è poca gioia nelle nostre vite. Questo significa non rispettare se stessi e la propria autenticità. Non rispettandoci, non rispettiamo neppure gli altri.
Dei genitori che hanno perso la loro innocenza non possono capire l’innocenza dei bei sentimenti sessuali di un bambino. Quando una madre vede sua figlia mostrare interesse sessuale per suo padre, essa reprime la bambina e la tratta da depravata, sporca, immorale. Anche la sensualità è cattiva. In alcune donne adulte questa sensazione è assolutamente presente, palleggiata tra il desiderio e il senso di colpa, in una profonda stagnazione. Se molte madri puniscono le loro figlie quando esprimono sentimenti sessuali, i padri, al contrario, rispondono spesso in modo diverso poiché questi sentimenti sono loro indirizzati. Ciò li eccita, e spesso sessualmente. La forma d’amore che la figlia offre loro è una cosa che hanno disperatamente atteso dalla loro donna. Quest’amore esprime gioia e fa loro bene. Ma li eccita sessualmente, cosa che li terrorizza. Non possono abbandonarsi alle loro sensazioni perché non sono innocenti. Sanno che essere eccitati sessualmente dalla propria figlia è male. I padri sono presi allora in un conflitto che li tormenta. Un altro aspetto di questa situazione è la reazione della madre. Vedere il marito “acceso” dalla figlia quando non lo è da lei, suscita sentimenti di gelosia e di collera. Purtroppo, questi sentimenti si rivolgono ad una ragazzina innocente che è terrorizzata dalla madre, e questo mina la sua sicurezza. Una simile situazione la costringe a rivolgersi al padre per trovare amore e protezione. Ora, è il padre ad essere terrorizzato dalla madre, poiché si sente colpevole per la natura del suo legame con la figlia. Se la protegge contro la madre può attirarle ancora più aggressività. Inoltre, se non è psicopatico, è altrettanto terrorizzato dai suoi sentimenti incestuosi verso la figlia. Può evidentemente negare il suo interesse sessuale per la figlia ed allora si presenteranno due modi d’agire.
Può essere che la respinga e la biasimi. Essa diventa la donna “cattiva” e crescerà con la sensazione che ci sia qualcosa di perverso nella sua natura. a questo punto ill padre potrebbe accettarla come il suo sole e la sua principessa, a condizione che abbandoni i suoi sentimenti sessuali. Essa è allora la “brava figlia”, la ragazzina del papà.
Il modo in cui un terapeuta di sesso maschile interagisce con una paziente di sesso femminile è determinato dalla sua struttura caratteriale e si manifesta nel suo controtransfert. Può essere freddo e distaccato e dedurre che la sessualità non ha il diritto di cittadinanza nella situazione terapeutica. Può, al contrario, sentirsi eccitato dalla dimensione sessuale della relazione con la paziente e, consciamente o inconsciamente, incoraggiare i suoi passaggi all’atto. Ogni investimento emotivo del terapeuta uomo con una paziente di sesso femminile limita la terapia. Ogni implicazione sessuale la distrugge. Invece di capire e di risolvere il conflitto edipico, il paziente vi è precipitato nuovamente. Un approccio freddo, distante, altezzoso da parte del terapeuta blocca ogni movimento verso l’accettazione, l’abbandono e la gioia. Un terapeuta deve accettare la dimensione sessuale del paziente affinché la terapia funzioni, così come un padre deve accettare la sessualità della sua bambina, perché essa possa crescere e diventare una donna matura. Affinché un terapeuta possa avere l’atteggiamento corretto in questa situazione, deve essere un uomo maturo. Per la situazione edipica la maggior parte delle bambine si trova in una situazione di rivalità con le loro madri. Se la bambina sente che suo padre prova più sentimenti per lei che per sua moglie, si sente superiore alla madre. Nella sua innocenza è più sensibile a suo padre, al conflitto che egli ha con sua moglie, alla sua tristezza e alla sua frustrazione. Crede che l’amore che prova per suo padre sia più profondo di quello di sua madre. Ma è anche terrorizzata dalla madre, dalla sua gelosia e dalla sua collera e si sente insicura ed inferiore. Questo miscuglio di emozioni, costituito da sentimenti di superiorità e d’inferiorità così come da paura e rabbia nei confronti della madre, è proiettato su una terapeuta di sesso femminile. Nella situazione transferale la paziente metterà spesso in atto delle difese poiché accettare l’autorità di una donna equivarrebbe a riconoscerne la superiorità. Contemporaneamente non osa esprimere i suoi sentimenti per paura d’essere rifiutata. Nella misura in cui l’espressione sincera è essenziale per la scoperta di sé, trattenere l’espressione di tali sentimenti costituisce una resistenza alla terapia. Affinché il terapeuta sia una guida degna di fiducia, deve essere il porta parola della verità. Per enunciare la verità deve vederla, e nel caso del paziente così com’è espressa nel suo corpo. Occorre osservare: la sofferenza che si manifesta nella contrazione del corpo, la tristezza che si esprime nella mancanza di luce negli occhi, la paura che sottende l’inibizione della respirazione, la collera repressa che è incatenata nelle tensioni delle spalle, delle braccia e della schiena. Vedere è capire. Vedendo questi segni corporei possiamo capire che i pazienti sono degli esseri turbati e tormentati, che la loro vita è una lotta tra la speranza e la disperazione, tra la determinazione per riuscire e la paura del fallimento, tra una collera assassina e la paura che la perdita del controllo possa condurre alla pazzia.
La vita, per la maggior parte della gente, è una lotta per sopravvivere, povera di piacere e sfiorata da qualche gioia momentanea. E’ questo il luogo che deve essere attraversato nel viaggio alla scoperta di se stessi. La guida deve aver attraversato egli stesso questa zona nel suo viaggio alla scoperta di sé per essere una guida degna di fiducia, sempre iù sono consapevole di quanto quanto sia stata ed è importante la mia terapia personale per esserci come terapeuta nella relazione con i pazienti. Quando un paziente viene in terapia il transfert si stabilisce. E’ fatto dalle speranze e dalle delusioni del paziente, dalla sua fiducia e dalla sua diffidenza, dalla sua collera e dalla sua paura. Il terapeuta deve conoscere e capire questa dimensione della terapia, ma deve sapere anche che delle forze potenti e spesso demoniache si trovano dietro questo fenomeno e non sono accessibili all’analisi razionale. Ciò di cui ha bisogno un paziente non è un analista dallo spirito pungente che può controllare ciò che egli fa male, ma di un amico dal cuore caloroso e dalla visione chiara.
Essere un amico significa dimostrare empatia verso il paziente, sentire la sua sofferenza, la sua paura, la sua aspettativa ed il suo conflitto. Questo sentire empatico è la base di una vera comprensione. Se il paziente sente che il terapeuta lo capisce, accetterà il terapeuta come guida, perché sente che è un amico.
Può darsi che non sarà capace di seguire il terapeuta sino all’avvento della gioia, poiché la sofferenza e la paura possono essere troppo grandi ed il coraggio può mancargli, ma non si sentirà mai tradito o ingannato o abbandonato per il fallimento della terapia.
Gli aspetti transferali della terapia diventano degli ostacoli insormontabili quando non si è lavorato sugli aspetti contotransferali dei terapeuti.
(tratto da un intervista ad Alexander Lowen nel 1992)
Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico, Supervisore
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147
psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale
psicoterapia di coppia – meccanismi inconsci possono condizionare gioie, liti, conflitti, tradimenti e incomprensioni familiari
psicoterapia di gruppo – di analisi bioenergetica, la conduzione che si struttura anche attraverso il linguaggio del corpo
colloquio psicologico – è un incontro tra uno psicologo e una persona che lo contatta a causa di un malessere
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