identità, immagine di se

Abitualmente riteniamo che la nostra identità sia scontata. Conserviamo nel portafoglio i documenti di identificazione, ognuno, a livello conscio, sa chi è. Tuttavia, in profondità, ai limiti della coscienza possiamo trovare insoddisfazione, tormento, la sensazione che qualcosa nella vita “scappi” al nostro razionale controllo. Quando un essere umano non è certo di quello che sente e l’insicurezza sfugge dal suo controllo, ci si pone una domanda:
immagine
” Chi sono io?” E’ un momento particolare nella vita di un individuo, è il segnale che la la maschera che abbiamo indossato per comunicare la nostra identità al mondo si sta sciogliendo. Indossare una maschera o calarsi eccessivamente in un ruolo per avere una identità, indica una scissione tra l’Io ed il corpo. Il senso di identità scaturisce dalla percezione con il corpo. Per sapere chi siamo dobbiamo riconoscere quello che sentiamo: l’espressione del nostro viso, il nostro portamento, la postura, il nostro modo di muoverci, anche di danzare. Nella nostra società, piuttosto concentrata sull’immagine, la maggior parte delle persone soffre di confusione di identità, si sente minacciata quando il ruolo e l’immagine che hanno fatto propria è messa in discussione. Prima o poi l’identità costruita sull’immagine di se o su un ruolo particolare, non è più sufficiente e non offre una adeguata soddisfazione all’individuo.
Il progressivo distacco dell’uomo dal prossimo e da se stesso, genera una sessualità prestazionale, compulsiva, una vita professionale scarica di creatività e un pensiero di vita egoistico. Questa grave perdita di valori universali e gioia di vivere, è sostituita da una immagine.è un termine che si oppone alla esperienza del corpo. Una percezione corretta di se è connessa a sensazioni e sentimenti, quando questa naturale congiunzione si interrompe, l’immagine di se diventa astratta, surreale. La differenza tra immagine e realtà è chiara nel delirio schizofrenico. Chi crede di essere Napoleone, oppure un essere soprannaturale da cui dipende il destino dell’umanità, ha interrotto la connessione tra immagine e realtà.
Una persona sana possiede una immagine di se in armonia con il suo aspetto ed i suoi sentimenti. Quando questo non avviene, l’immagine cancella la dimensione umana dell’individuo. Calunniare, depredare, offendere, umiliare e addirittura uccidere diventa facile se l’essere umano è ridotto solo all’immagine di se. Un estremista può commettere atti efferati se vede in un uomo solo l’immagine che deriva dalla sua carica politica. L’odio per una filosofia si traduce nell’odio per l’uomo. Nella realtà il leader politico non è solo l’immagine che rappresenta, connessa al suo ruolo politico, sociale e di potere; è anche un uomo, un amico, un marito, un padre, una persona giocosa e spiritosa, etc. La riduzione al solo ruolo concentra l’attenzione solo su una immagine, riduttiva della persona, e priva di ogni caratteristica e qualità umana. Chi si cala eccessivamente in un ruolo e costruisce una immagine, perde l’aderenza con il reale e diviene una persona surreale, disumana. E’ il caso della depressione da pensionamento. Quando un individuo sente di coincidere con l’immagine che ha costruito in anni e anni di duro lavoro, trascurando tutto il resto, si sgretola se tale immagine scompare. Il pensionamento rappresenta il naturale congedo dal lavoro e il congedo, prima o poi, avviene da tutte le cose della vita, anche dalla vita stessa, decorso il suo tempo. Una immagine si sostituisce con un altra, nel nostro esempio, da direttore di banca a pensionato che non sa come impiegare il suo tempo, perché durante tutta la sua esistenza non ha investito sufficienti risorse al di fuori della sua immagine, costruita attraverso la carriera. Un comportamento umano e coerente con se stessi, consente di vivere il ruolo professionale in armonia con tutti i ruoli della vita: marito, padre, amico, fratello, persona sensibile, etc; sviluppando interessi e curiosità. Una persona equilibrata, piena e completa, troverà nel pensionamento la gioia per vivere tutte le altre attività con più tempo a disposizione. Per conquistare questa filosofia è necessario non investire eccessivamente nell’immagine.può portare a conseguenze catastrofiche. Quando un uomo vuole impersonare la sua immagine di padre, a scapito dei bisogni dei suoi figli, può provocare effetti veramente dannosi. Come egli si vede solo in funzione della sua immagine di padre, vede suo figlio come una immagine, invece che come una persona, con sentimenti, desideri, bisogni e diritti propri. In questa situazione l’educazione si concentra sul tentativo di plasmare il figlio ad una immagine. Questa immagine è spesso quella del sé, inconscio del padre. Il figlio per reazione, forzato a conformarsi all’immagine inconscia del genitore, perde la percezione e la consapevolezza della sua vera identità e, soprattutto, del suo contatto con la realtà. Si avvia così un processo di genesi di una persona potenzialmente poco equilibrata. La perdita della percezione della propria identità si fonda negli “ingranaggi di famiglia”, la situazione familiare vissuta.
Un bambino educato con una particolare enfasi riferita a: successo, popolarità, sensualità, snobismo culturale e intellettuale, status, sacrificio, disprezzo per le differenze, etc., si abitua a vedere gli altri come immagini, invece che come esseri umani. Circondato da immagini, costruirà un crescente senso di solitudine in lui e non si sentirà in rapporto con nessuno. L’immagine diviene un idolo che richiede in sacrificio i sentimenti umani ed il corpo diventa uno strumento della volontà, al servizio dell’immagine stessa. Si struttura una alienazione nata dalla realtà del suo corpo. La “divisa” da uomo d’affari, rigorosamente assemblata con capi firmati, arricchita da accessori di “status”, in contesti dove palesemente non è richiesta, è un esempio di corpo, quale strumento al servizio della volontà per mantenere una immagine. La comparsa di questa situazione è sempre da ricercare nel vissuto familiare e nei rapporti con le figure genitoriali.
Un bambino educato con una particolare enfasi riferita a: successo, popolarità, sensualità, snobismo culturale e intellettuale, status, sacrificio, disprezzo per le differenze, etc., si abitua a vedere gli altri come immagini, invece che come esseri umani. Circondato da immagini, costruirà un crescente senso di solitudine in lui e non si sentirà in rapporto con nessuno. L’immagine diviene un idolo che richiede in sacrificio i sentimenti umani ed il corpo diventa uno strumento della volontà, al servizio dell’immagine stessa. Si struttura una alienazione nata dalla realtà del suo corpo. La “divisa” da uomo d’affari, rigorosamente assemblata con capi firmati, arricchita da accessori di “status”, in contesti dove palesemente non è richiesta, è un esempio di corpo, quale strumento al servizio della volontà per mantenere una immagine. La comparsa di questa situazione è sempre da ricercare nel vissuto familiare e nei rapporti con le figure genitoriali.
Quando ci sentiamo “in forma” con il nostro corpo, siamo pieni di vitalità e percepiamo l’ambiente esterno in modo più nitido. L’esperienza della realtà è possibile solo attraverso il nostro corpo, la vitalità del corpo indica la sua capacità di sentire. Negli stati depressivi, al contrario, il corpo perde reattività, vitalità e tutto ci sembra spogliato di vita. Quando l’interazione tra corpo e ambiente è particolarmente ridotta, si perde l’aderenza con la realtà (Assoc. Psychiatr. Research Report n° 5, Giugno 1956). Questo accade frequentemente quando si riduce molto l’attività motoria, la diminuzione delle sensazione riduce la percezione del corpo. Perso il contatto con il corpo, la realtà si dissolve.
La vitalità è una funzione del metabolismo, il metabolismo fornisce l’energia necessaria all’attività fisica. Con il ridursi della vitalità, diminuisce l’attività metabolica. Il rapporto funziona anche in senso inverso: l’attività motoria ha un effetto immediato mediante gli scambi gassosi (la respirazione), maggiore è l’attività, superiori sono gli scambi ossigeno – anidride carbonica. Un corpo sano respira in modo libero e profondo.
Esiste un intimo rapporto tra respiro, movimento e sensazioni. I bambini imparano a trattenere il respiro per porre termine a sensazioni ed esperienze sgradevoli. Contraggono il diaframma per ridurre l’ansia. Si “bloccano” per non sentire la paura, rendono inanimati i loro corpi per non sentire il dolore. Quando la realtà diventa insopportabile ci si ritira in un mondo di immagini bloccando il movimento, una fuga dalla realtà. L’Io compensa la perdita delle sensazioni costruendo un mondo irreale, fantastico, dove l’immagine si sostituisce alla vitalità ed al movimento. L’adulto che vive con la maschera di un immagine non ricorda (ha rimosso) le esperienze che da bambino lo hanno forzato all’insensibilità ed alla fuga dalla realtà. L’immagine si sostituisce e riflette il corpo. Mano a mano che la consapevolezza del corpo svanisce, l’immagine si sostituisce ad esso. Le attività motorie, in queste situazioni, possono considerarsi terapeutiche.
Nella persona equilibrata e sana, l’Io asseconda il principio del piacere del corpo.

Tutte le scelte della psiche sono suggerite dal principio del piacere: l’uomo desidera la sua felicità, l’appagamento immediato e incondizionato dei suoi desideri, ma tale desiderio si scontra quasi sempre con la realtà, ovvero con le costrizioni morali e le tradizioni sociali che sono ostili al pieno soddisfacimento del piacere (questa affermazione ha molto in comune con l’indagine dell’anima propria della filosofia ellenistica).
Il principio del piacere spesso confligge con la realtà, creando un senso di frustrazione dei desideri. Per questo motivo al principio del piacere può subentrare il principio di realtà: che ricerca la soddisfazione del desiderio solo attraverso comportamenti socialmente accettabili.
Mentre il principio di piacere cerca la soddisfazione immediata del desiderio in modo completamente irrazionale, il principio di realtà persegue l’appagamento del desiderio mediante obiettivi che si sviluppano nel tempo con una progettualità. L’appagamento del desiderio sottratto al tempo presente e proiettato in un futuro immaginato, evolve così in rappresentazioni sostitutive. Semplificando il concetto, a seguito dell’impossibilità di un appagamento soddisfacente secondo le modalità del principio di piacere (subito), il principio di realtà agisce in modo da adattare il soddisfacimento del desiderio alle situazioni che tendono a limitarlo, escogitando diversi quanto necessari appagamenti.
Il principio del piacere del corpo è assecondato quando le sensazioni e i sentimenti fluiscono liberi, senza blocchi, in armonia con esso. Il piacere del movimento, la carezza di un alito di vento, il calore di un abbraccio, il profumo dei fiori dopo la pioggia, tutte le percezioni umane e, soprattutto, il respiro stesso accompagnano e sostengono l’individuo nella sua integrità psicofisica.

Negli esseri umani emotivamente malati l’Io, per affermare la superiorità dei suoi valori, divide l’unità dell’organismo partendo dall’apparato locomotore (tutti gli effetti successivi sono conseguenti). In questo modo, trasforma in conflitto intrapsichico la naturale associazione e collaborazione funzionale dell’organismo, rappresentata da un corpo pieno di vita ed energia, con gran voglia di vivere e di stare bene.
Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista Bioenergetico
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147psicoterapia individuale – cura dell’ansia, della depressione, dello stress del disagio relazionale ed esistenziale

psicoterapia di coppia – meccanismi inconsci possono condizionare gioie, liti, conflitti, tradimenti e incomprensioni familiari

psicoterapia di gruppo – di analisi bioenergetica, la conduzione che si struttura anche attraverso il linguaggio del corpo

colloquio psicologico – è un incontro tra uno psicologo e una persona che lo contatta a causa di un malessere

ansia e attacchi di panico – la respirazione corta è condizionata da difese caratteriali per la sopravvivenza infantile

depressione, calo di energia – inchioda l’individuo, tristezza, sconforto, disagio, malinconia, si impossessano di lui

problemi caratteriali, relazionali – bisogno di intimità e auto espressione, paura che i due elementi possano escludersi